L’Accademia di Belle Arti di Catania, e viaraffineria, realtà indipendente no-profit dedicata alla promozione dell’arte e della ricerca contemporanea sorto del 2019 nel cuore della vecchia area industriale Le Ciminiere di Catania, presentano “Coltivazione sulfurea”, una mostra a cura di Gabriele Logiudice.
Voluta e promossa dai professori Marcella Barone e Gianluca Lombardo, da anni impegnati in progetti didattici innovativi, la mostra – dal 20 al 28 dicembre – rappresenta un’opportunità formativa per le studentesse e gli studenti del corso di Nuovi Linguaggi della Pittura dell’Accademia. L’iniziativa mira a mettere in contatto diretto i giovani artisti con galleristi, curatori, collezionisti e figure chiave del sistema artistico contemporaneo, permettendo loro di seguire ogni fase della realizzazione di un progetto espositivo, dal concept alla produzione, affrontando tematiche complesse e riflettendo su questioni significative.
Curata da Gabriele Logiudice, la mostra è il risultato di un percorso iniziato a gennaio 2024, un dialogo attivo tra docenti e studenti dell’Accademia e lo spazio viaraffineria. Gli artisti partecipanti – Samuele Angemi, Claudia Di Costa, Carmen Manusia, Giulia Marletta, Francesco Mosca, Selene Pulejo e Lara Schilirò – hanno esplorato il territorio locale, approfondendo i legami storici e culturali con la lavorazione dello zolfo, simbolo identitario della tradizione siciliana. “Coltivazione sulfurea” offre al pubblico una riflessione inedita sulle stratificazioni del territorio, attraverso la sensibilità e lo sguardo delle nuove generazioni di artisti.
Il progetto grafico è stato coordinato dal professore Marco Lo Curzio e ideato da Paolo Costanza e Asia Sabatelli.
Testo del curatore, Gabriele Logiudice
Il termine «coltivazione» indica in campo minerario il processo di estrazione dello zolfo e le sue successive trasformazioni. Il minerale si coltiva fino a renderlo utilizzabile. Un termine tendenzialmente positivo come «coltivazione» viene associato a un elemento diabolico.
Curioso, no?
viaraffineria si trova in nel cuore del vecchio complesso industriale Le Ciminiere. Questa particolare zona della città si caratterizza per il suo aspetto industriale dominato dalle antiche ciminiere che muovono la città verso l’alto. Dal cemento al cielo e poi di nuovo giù, fino al sottosuolo. Queste alte torri dai mattoni rossi osservano in silenzio la città; scrutano ogni suo lento movimento, ne percepiscono il faticoso cambiamento.
Nella calce che unisce i singoli mattoni si nasconde una polvere che, come granelli di sabbia attaccata al corpo bagnato, non va via. Rimane lì.
È gialla.
È zolfo.
In origine ciò che oggi si identifica come Le Ciminiere era sede dell’industria solfifera catanese, divenuta celebre in tutta Europa nella seconda metà dell’Ottocento grazie alle capacità anti-parassitarie dello zolfo siciliano. Questa storia si intreccia con l’anima industriale di viaraffineria e si presta a essere punto di partenza per un ragionamento sul tema del lavoro industriale tra passato, presente e futuro, tra umano e non umano, tra metallo e materia organica. Lo zolfo è il filo giallo che unisce tutte le opere presenti in mostra. Questo minerale è indagato per il suo tratto materico, per il suo colore, per il suo odore; ma diviene anche pretesto per far riemergere la storia sociale e culturale legata alla sua estrazione.
Giorni e orari di apertura:
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21 dicembre 17.30 – 19.30
22 dicembre 17.30 – 19.30
27 dicembre 17.30 – 19.30
Finissage 28 dicembre 17.30 – 20.00
Ingresso libero e gratuito
viaraffineria, Via Raffineria 44, Catania
Workshop “I carusi” di Samuele Angemi
22 dicembre, ore 15.00 – 17.00 | Spazio VIARAFFINERIA
Nell’ambito della mostra “Coltivazione sulfurea”, organizzata dall’Accademia di Belle Arti di Catania in collaborazione con lo spazio VIARAFFINERIA, il 22 dicembre, dalle 15.00 alle 17.00, si terrà il workshop “I carusi” condotto dall’artista Samuele Angemi.
Il workshop ripercorre la storia dello zolfo in Sicilia attraverso la simbolica figura del canarino, un volatile utilizzato nelle miniere per rilevare improvvise riduzioni di ossigeno, segnalando così condizioni di pericolo per i lavoratori. Durante l’incontro, Samuele Angemi guiderà i partecipanti nella creazione di piccoli canarini in origami che, posti l’uno accanto all’altro, diventeranno una toccante metafora delle dure condizioni di lavoro vissute dai minatori siciliani, i “carusi”, e dagli stessi uccellini.
Gli origami realizzati contribuiranno ad ampliare l’opera “I carusi” di Samuele Angemi, esposta presso lo spazio VIARAFFINERIA in occasione della mostra “Coltivazione sulfurea” e nelle sue successive esposizioni.
Il workshop è gratuito e aperto a tutte le fasce d’età, con particolare attenzione ai bambini. L’iniziativa fa seguito alla stessa attività già proposta dall’artista presso gli istituti “Sante Giuffrida” e “Vespucci” di Catania.
SINOSSI DELLE OPERE IN MOSTRA
Samuele Angemi, I carusi, 2024 – installazione site specific, 300 origami di carta, 10×12 cm ciascuno
Samuele Angemi presenta un’opera che riflette e denuncia le condizioni di lavoro nelle antiche miniere di zolfo e in particolar modo lo sfruttamento dei bambini (i cosiddetti “carusi”) impiegati nell’estrazione di questo minerale. I minatori usavano portare con loro un canarino chiuso in gabbia, la cui eventuale morte indicava la riduzione di ossigeno nel cunicolo e il segnale di abbandonare immediatamente il luogo di lavoro.
Angemi ha avviato il progetto attivando dei workshop sulla pratica dell’origami in cui ha coinvolto i bambini delle classi elementari e medie degli Istituti “Sante Giuffride” e “Vespucci” di Catania. Questo ha permesso loro di conoscere la storia dello zolfo e dei carusi avvenuta in un quartiere a loro vicino. Una volta realizzato l’origami del proprio canarino, è stato chiesto loro di porre su di esso un pensiero o un disegno. I canarini di carta appesi lungo le travi in legno e in ferro di viaraffineria trasformano lo spazio in un’immensa voliera.
Claudia Di Costa, Memoria immersa, 2024, installazione multimediale, Scultura in cemento 27×24 cm, Audio
L’opera di Claudia Di Costa riflette sulle condizioni di lavoro legate all’estrazione dello zolfo in miniera, concentrandosi sulla condizione dei “carusi”. I bambini “carusi” erano impiegati in miniera per via dei corpi esili che permettevano loro di introdursi nella cavità più profonde in cui gli adulti non riuscivano a passare. La scultura in cemento simboleggia il cunicolo percorso in miniera e contiene un’apertura stretta, delle dimensioni di una mano minuta, la quale diventa metafora del varco che i bambini erano costretti a percorrere quotidianamente. All’interno è presente una luce gialla che rievoca il motivo del sacrificio: lo zolfo. Una traccia audio composta da risate di bambini diventa omaggio e denuncia di una giovinezza perduta. Il pubblico è invitato a inserire la propria mano nella scultura munita di sensori, rimettendo così in atto il gesto di estrazione dello zolfo.
Carmen Manusia, Lingue di confine, 2024 – Video, 30’00’’, Audio in cuffia
Carmen Manusia riprende fedelmente una deriva urbana da lei stessa eseguita. Partendo dallo spazio di viaraffineria. L’artista esplora il territorio circostante assecondando un andamento improvvisato, seguendo i propri stimoli e curiosità. Il video presenta una caratteristica fondamentale: ciò che appare al centro è sfocato, fuori fuoco; mentre i lati compaiono in alta definizione. Manusia inverte il normale meccanismo di visione che, attraverso uno stimolo cerebrale, permette di mettere a fuoco ciò che sta davanti ai nostri occhi lasciando sfocato tutto quello che si trova fuori campo. Il video e le frequenze audio sono metafora del rapporto uomo/territorio e mettono in risalto la volontà, non priva di fatica, di comprensione e conoscenza dell’altro, riflettendo sull’idea che conoscere veramente qualcosa o qualcuno significa avere compreso anche ciò che non è a fuoco, ciò che normalmente non è attenzionato. L’opera è un invito all’esplorazione dei margini.
Giulia Marletta, Eden, 2024 – Installazione multimediale, Videoproiezione e Stampe fotografiche su fogli di acetato, 29,7×42 cm ciascuna
L’ “oro del diavolo”, dai molteplici significati in ambito esoterico, alchemico e simbolico, fu causa di effetti distruttivi sulla vita dei minatori. L’artista, citando “Ciàula scopre la luna” di Pirandello, aspira a una pacificazione restituendo una possibilità di luce a coloro ai quali è stata negata. Eden mostra l’apparente contrapposizione tra diamante e zolfo. Il diamante è inscalfibile, eterno, simbolo di purezza e luce; lo zolfo, invece, è morbido, transitorio, metafora di oscurità e perfidia. Tuttavia, questi due minerali costituiscono un esempio di allotropia: seppur con forme diverse, entrambi sono composti da atomi che appartengono allo stesso elemento chimico. Zolfo e diamante possiedono quindi una medesima matrice naturale. Il video che compone l’installazione mostra una proiezione stroboscopica dovuta alla rifrazione della luce attraverso la superficie sfaccettata del diamante; mentre le immagini fotografiche che lo accompagnano, concesse dal CISGEM (Centro informazioni e servizi gemmologici di Milano), risaltano le impurità contenute dal diamante, sfatandone l’ideale di perfezione connesso alla pietra.
Francesco Mosca, Solfurica, 2024, Videoproiezione e Stampe su tessuto, 100×140 cm ciascuno
Le immagini di Francesco Mosca traggono ispirazione dalla vecchia raffineria di zolfo situata in via Simeto. Lo zolfo ha numerosi impieghi industriali, tra cui la produzione di acido solforico, la vulcanizzazione della gomma e la produzione di fertilizzanti. Gli oggetti non sono solo quello che si pensa che siano, ma nascondono una struttura invisibile composta da microrganismi in costante trasformazione e relazione. Le rappresentazioni grafiche realizzate da Mosca evocano visualizzazioni microscopiche (o nanometriche) di cristalli di zolfo e di strutture formatesi durante i processi di raffinazione. I diversi colori indicano le impurità e le molteplici fasi cristalline evocando allo stesso tempo una straniante successione di forme e agglomerati che sembrano appartenere a universi fantastici.
Selene Pulejo, Voice of space, 2024, Audioinstallazione ambientale
L’installazione sonora di Selene Pulejo nasce dall’incontro e dal rapporto tra corpo umano e materia industriale, tra gesto e suono, tra azione e reazione. L’artista si registra nell’atto di percuotere l’imponente struttura in ferro che caratterizza lo spazio interno di viaraffineria con differenti oggetti metallici raccolti nei dintorni del quartiere. Attraverso l’azione percussiva, trasforma la struttura metallica in un gigantesco strumento musicale, dando vita a una vera e propria scultura sonora. Tutto ruota intorno al ferro, elemento industriale per eccellenza, che porta con sé gli echi del lavoro disumano, dei ritmi massacranti, dei processi di costruzione, del tempo passato, presente e futuro. Un’orchestra metallica che catapulta l’ascoltatore in un’esperienza immersiva che coinvolge vista, udito e tatto.
Lara Schilirò, menouno|zero|uno, 2024, Installazione multimediale site specific, Videoproiezione, Supporti vari, Zolfo, Manifesti funebri
Il lavoro di Lara Schilirò procede su tre livelli in scala ascendente: dal sottosuolo fino allo spazio celestiale.
La proiezione presente nel livello sotterraneo è un’esplorazione delle tubature di viaraffineria che l’artista ha realizzato mediante l’utilizzo di un endoscopio. La scoperta degli organi invisibili dello spazio espositivo si erige a metafora di ciò che non è svelato e che non è possibile vedere dall’esterno. Un denso odore di zolfo occupa il livello intermedio in cui alcuni tessuti pregni di zolfo sono posizionati in punti nascosti di viaraffineria. Lo zolfo si sente ma il suo punto di fuga rimane nascosto, come un gas impercettibile nell’aria. Infine, il livello superiore è abitato da figure fittizie che un tempo popolarono la zona di Via Raffineria. Questi manifesti, creati dall’intelligenza artificiale, mostrano volto, età e nome di personaggi mai esistiti. Alcuni necrologi sono stati affissi in vari punti del quartiere.